mercoledì 17 aprile 2013

LO STATO, IL PRESIDENTE, IL “SAN RAFFAELE”, I LAVORATORI, I SINDACATI.



Due notizie attirano l’attenzione nella giornata appena trascorsa e che vengono amplificate dai mass media.
Una riguarda lo scontro tra forze dell’ordine e lavoratori licenziati al “San Raffaele” struttura sanitaria d’eccellenza di Milano.
L’altra riguarda il Presidente della Repubblica sia nella persona dell’attuale sia nella ipotesi dell’altro che dovrà essere eletto dai rappresentanti come stabilito nella Costituzione.
A Milano la vicenda “San Raffaele” poteva essere risolta senza il licenziamento dei primi 40 cui sono pervenute le prime lettere di licenziamento su un totale di oltre  200 lavoratori della sanità .
Facciamo un passo indietro e riepiloghiamo: con la gestione Don Verzè.
La vicenda “San Raffaele” scoppia molto prima che nel luglio 2011 quando la Procura di Milano accerta un buco da oltre un miliardo. L’ospedale viene  rilevato dopo la procedura del concordato preventivo davanti al Tribunale fallimentare di Milano dall’imprenditore Giuseppe Rotelli, che si è assunto il gravoso compito di salvare questa eccellenza sanitaria ma dopo due anni  le perdite non si sono fermate, infatti dopo una perdita complessiva nel 2011 di 65 milioni di euro e una di 21 milioni stimati nei primi cinque mesi del 2012, complice anche la congiuntura economica, rischia un ulteriore “buco” di oltre 11 milioni annui a causa della delibera regionale che recepisce la “spending review”. e per cercare di risanare la fondazione creata dal defunto don Luigi Verzè, oltre alla razionalizzazione delle forniture e al taglio sui contratti dei dirigenti, l’amministrazione pensa a recuperare i 25 milioni di euro che mancano all’appello proprio dal taglio di personale.
Iniziano le normali trattative o scontri tra dirigenza e sindacati e lavoratori  fino ad arrivare agli scontri di ieri per rendere eclatante il caso, che hanno certificato anche  3 contusi.
“Secondo l’azienda “la riduzione di organico, operata nel più rigoroso rispetto dei requisiti di accreditamento stabiliti dalla normativa vigente, non intacca e non intaccherà in alcun modo la qualità delle prestazioni e dei servizi, anche in quanto non riguarda infermieri professionali, tecnici sanitari, medici e ricercatori”.  L’avvio della procedura “si è reso necessario a causa del perdurare di un’ingente perdita, che ha carattere strutturale e che non può essere eliminata senza una riduzione dei costi inerenti il personale”, l’azienda punta il dito contro i sindacati sostenendo che il licenziamento “è la inevitabile conseguenza del reiterato rifiuto, da parte della Rappresentanza sindacale unitaria e delle organizzazioni sindacali, di prendere in considerazione la proposta del tutto alternativa ai licenziamenti formulata dalla direzione dell’ospedale San Raffaele già in un incontro in data 14 settembre 2012 e per iscritto il 19 settembre 2012. L’accettazione di questa proposta avrebbe evitato completamente i licenziamenti. L’aspetto più rilevante della proposta riguardava la rinuncia ad alcuni accordi stipulati con la precedente amministrazione solo pochi mesi prima del conclamato dissesto finanziario dell’ospedale – ricorda la nota – accordi presi sulla base di presupposti oramai superati, con oneri economici manifestamente insostenibili, divenuti eccessivamente gravosi anche a causa del significativo peggioramento del contesto in cui l’ospedale si è trovato ad operare nel corso del 2012. Non va altresì sottaciuto che le attuali retribuzioni dei dipendenti del comparto dell’ospedale San Raffaele risultano ad oggi superiori rispetto ai livelli medi usualmente presenti in tutto il sistema sanitario ed ospedaliero del nostro Paese”.” Riportiamo dalla  Redazione “Il Fatto Quotidiano” 31 Otttobre 2012
In sintesi la politica del sindacato e dei pochi lavoratori che spingono per mantenere situazioni poco sostenibili nell’attuale situazione economica, invece di collaborare per risolvere pacificamente e con accordi razionali e funzionali preferiscono i licenziamenti alla salvaguardia dei posti di lavoro.
Probabilmente pensano che dietro al “San Raffaele” ci sia lo Stato Italiano che risolve tutto indebitandosi e rinviando ai posteri il carico immenso di debiti che già si sono accumulati e che  sono solo sulle spalle degli ignari giovani cittadini e delle future generazioni.
Dimenticano che la società che ha acquisito il “San Raffaele” deve seguire rigorosamente i criteri di contabilità tra entrate ed uscite per cui eventuali deficit col passare del tempo determinano default e perdita del lavoro di tutti i dipendenti e parliamo di 4000 unità più l’indotto.
La scelta dei sindacati e dei lavoratori che con il referendum del 29 gennaio 2013 hanno votato contro il documento, sottoscritto a Roma da 9 delegati della Rsu su 17 presenti alla trattativa fiume nella sede del ministero del Lavoro, sono stati 1.365, contro 1.110 voti favorevoli; 11 le schede bianche e 66 le nulle. Il distacco, dunque fra i si e i no è di 255 schede.
La cultura dello scontro e della “guerra civile” permane.
Meglio la distruzione che un vivere pacificamente anche se occorre fare qualche sacrificio in questo terribile momento, in vista di miglioramenti futuri.
Certo saranno felici i 1365 che nelle loro ottuse posizioni ma sacrosante, hanno vinto (ma cosa ?) e  hanno condannato alla disperazione i duecento e passa che saranno licenziati! E con lo stesso criterio determineranno fra non molto la perdita degli altri 3800 posti di lavoro.
L’altro argomento che ci rimanda al Presidente della Repubblica è simile nell’essenza a questo appena accennato.
Il Presidente ci ha lasciato come perla del suo settennato e come viatico per il popolo dei cittadini la commissione dei “Saggi”, che hanno partorito un insieme di ovvietà lapalissiane.
Dato che è circondato da una claque di osannati la sua saggezza, la sua conoscenza delle cose italiane, conoscenza della “Res Publica”, il suo equilibrio, la sua ragionevolezza mi sarei aspettato che si accorgesse che 2,4 milioni di pensionati vivono con meno di 500,00 euro al mese e facesse un gesto, dato il suo alto senso di responsabilità e di equilibrio, non simbolico né affidato a quelle formule di inviti impersonali e generici ”occorrerebbe, bisognerebbe, invito caldamente coloro che si occupano di ecc.” ma concreto e  devolvere l’immenso e spropositato appannaggio (248.000,00 euro ora aumentato) ai pensionati sociali o ancora meglio a decurtarsi  a 400,00 euro sia l’appannaggio che il vitalizio, che prenderà ,portandolo a livello delle “pensioni sociali” che sono al di sotto delle 500,00 euro, così capirebbe cosa significa vivere nell’attuale momento di crisi con tale cifra e nella veste di ufficiale rappresentante del popolo dei cittadini italiani.
L’esempio concreto avrebbe lasciato un segno tangibile, come hanno fatto i deputati del MOVIMENTO 5 STELLE che si sono decurtati a 2.500, 00 netti il loro appannaggio e avrebbe avuto un effetto dirompente  sui costi della politica e sulle centinaia di  non rieletti  al Parlamento ed al Senato che hanno appena ricevuto l’assegno di fine mandato (indennità transitoria) che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi), come la Bongiorno o Fini o D’Alema, Antonio Di Pietro, Gianfranco Micciché e Raffaele Lombardo, Flavia Perina, Italo Bocchino, Enzo Raisi, Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Franco Marini ,Anna Paola Concia, Guido Crosetto, Roberto Rao, Teodoro Buontempo, Esterino Montino, Luciano Ciocchetti, Sergio D'Antoni, Giorgio La Malfa, Calogero Mannino, Franco Marini, Pietro Lunardi, Margherita Boniver... E poi Marcello Dell'Utri, Giuseppe Ciarrapico, Cesare Cursi, Luigi Grillo, Giuseppe Pisanu, Tiziano Treu, Carlo Vizzini, Lamberto Dini, Adriana Poli Bortone, Diana De Feo, Ombretta Colli...
Avrebbero creato, se non altro, un momento di panico per come sta attraversando la schiena di tutti i parassiti della società italiana, della politica , delle lobby nel vedere questa immensa folla di giovani eletti nelle file del MOVIMENTO 5 STELLE nel vedere che parlano e applicano l’onestà, la trasparenza e l’equità degli emolumenti.

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