lunedì 8 aprile 2013

LA DONNA IL DIO. Cap. sesto

LA DONNA – MADRE
CREA IL LINGUAGGIO.

Il linguaggio è considerato l’aspetto più distintivo del comportamento umano perché permette l’insieme delle interrelazioni umane e del funzionamento cognitivo. Chiunque si occupi del linguaggio (linguisti, psicologi, neurologi ecc.) ha cercato di dare una risposta esauriente al problema dell’origine e del funzionamento del linguaggio. Nessuno, allo stato degli studi attuali, ha trovato una spiegazione soddisfacente ed esauriente al modo in cui i bambini acquisiscano la capacità di pronunciare frasi, comunicare significati e pensieri; anche se colgono aspetti importanti del funzionamento del linguaggio.
 In “Verbal Behavior” l’autore B.F.Skinner applica i principi “dell’apprendimento per rinforzo” allo sviluppo del linguaggio. Egli sostiene che il linguaggio viene appreso mediante il condizionamento operante, che si basa su rinforzi selettivi di suoni e combinazioni di suoni che pervengono dall’ambiente circostante. I bambini rinforzano gradatamente quei suoni che si avvicinano al parlare degli adulti. “In tal modo, sempre più precise… risposte verbali si possono plasmare gradatamente mediante approssimazioni successive, fino a quando il bambino non emette prontamente le unità verbali che intervengono nel linguaggio quotidiano, in altri termini fino a quando non avrà acquistato un repertorio di risposte verbali corrette” (Staats,A.W. & Staats,C.K. “Complex Human Behavior” New York : Holt, Rinehart & Winston, 1963).
L’intuizione dello Skinner viene fortemente criticata dagli studiosi di psicolinguistica poiché pone in poca evidenza il contributo del bambino all’apprendimento ed all’utilizzo del linguaggio. Ed inoltre ritengono che la teoria del rinforzo spiega  solo approssimativamente lo sviluppo della comprensione e dell’uso del linguaggio o la padronanza delle regole grammaticali da parte del bambino. 
 Albert Bandura ed altri seguaci sostengono che ciò che il bambino apprende è frutto dell’osservazione e dell’imitazione del comportamento di un modello anche senza rinforzo. I bambini ascoltano il linguaggio che sentono parlare attorno a sé ed acquisiscono il linguaggio sentendolo parlare da altri. (Teoria dell’apprendimento sociale, l’imitazione ed il linguaggio)
 Noam Avram Chomsky pur riconoscendo che la teoria del rinforzo o la teoria della imitazione intervengano nell’acquisizione del linguaggio ritiene che non spieghino il complesso processo linguistico. Egli sostiene che gli esseri umani posseggono una specie di sistema incorporato LAD (language acquition device-apparato di acquisizione del linguaggio)  che consente al bambino di elaborare il linguaggio, di costruire regole, di comprendere e produrre un opportuno linguaggio aderente alla grammatica. (Teoria di Chomsky  del “meccanismo innato”)
 Queste tre teorie, secondo gli psicolinguistici, non soddisfano completamente il tema dell’acquisizione del linguaggio anche se la teoria di Chomsky risulti la più affascinante.
Il prosieguo degli studi e delle ricerche di psicolinguistica a tutto campo hanno permesso di acquisire dei  capisaldi teorici di cui tener conto quasi in modo assoluto.
Innanzitutto si sono assodate le basi neurali (neuronali?) del linguaggio e cioè che l’acquisizione del linguaggio è strettamente legata con il perfezionarsi delle strutture e delle funzioni neurali ed in particolare con la lateralità cerebrale di funzione nel cervello.
Si sono poi osservate le tappe del percorso linguistico:
·         primi mesi di vita -  i bambini vocalizzano un numero limitato di suoni;
·         verso i sei mesi di età (periodo del balbettio) -  il bambino aggiunge altri suoni con combinazioni complesse e produce tutti i suoni che costituiscono le basi di tutte le lingue parlate nel mondo (circa tremila);
·         verso i nove-dieci mesi – i bambini riducono la variegata gamma dei suoni nei balbettii per concentrarsi sui suoni elementari che compariranno nelle  prime parole;
·         verso i 12 mesi, la fine del primo anno, inizia il cosiddetto linguaggio parlato olofrastico o sincretico cioè con frasi di una sola parola che inglobano anche significati complessi;
·         verso i 18-24 mesi (due anni di vita) i bambini cominciano a combinare insieme le parole;
·         verso i 48-60 mesi (4-5 anni di vita) i bambini possiedono quasi completamente la grammatica della propria lingua.
·         Il livello di sviluppo del linguaggio varia molto nei bambini e non vi è dunque una assoluta uniformità con le tappe cronologiche di ciascuno;
·         I bambini, inoltre, senza determinate esperienze linguistiche non apprendono alcuna lingua , per come avviene per i bambini gravemente sordi o fortemente trascurati;
·         In tutte le culture le proposizioni telegrafiche dei bimbi esprimono una gamma ampia di significati tra cui relazioni semantiche fondamentali quali l’identificazione, la locazione, l’attribuzione, il rapporto agente-azione e quello agente –oggetto;
·         Il ritmo di acquisizione delle forme grammaticali (preposizione ed articolo, forme del verbo essere, plurali e possessivi) da parte dei bambini è variabile, ma l’ordine con cui queste forme si manifestano ha una notevole uniformità;
·         Nelle ricerche interculturali sembra confermata l’esistenza di principi validi in tutte le lingue dello sviluppo del linguaggio che si correlano con lo sviluppo cognitivo;
·         I bambini oltre a compiere enormi progressi nella comprensione che nella produzione del linguaggio durante gli anni prescolari, anche negli anni successivi (del ciclo scolastico primario e secondario) fanno ulteriori passi sul piano della sintassi e della semantica;
·         L’evoluzione delle capacità verbali si riflette sulle funzioni cognitive quali la memoria, il pensiero, la soluzione dei problemi,il ragionamento anche se queste non dipendono solo dal linguaggio.

Le ricerche degli studiosi si basano su una attenta osservazione e sulla meticolosa registrazione del linguaggio parlato spontaneo dei bambini dal momento in cui emettono i primi fonemi o i primi collegamenti di parole; dando così una assoluta fedeltà e corrispondenza di ciò che avviene come se si guardasse l’evento al microscopio.
Tali studi in prevalenza hanno acquisito informazioni sui bambini dal momento della nascita in poi ed in prevalenza su bambini già acculturati.
Sembra mancare una visione globale del fenomeno linguistico ed in particolare manca completamente lo studio sulla fase uterina.
Manca, contemporaneamente, il punto di vista evolutivo e cioè la capacità che contraddistingue l’homo sapiens sapiens di creare e modulare a secondo delle esigenze sia gli utensili che le parole  in quanto prodotti della creatività intellettiva per la soluzione di un problema. L’uomo è dotato degli strumenti idonei che sono il frutto della costante evoluzione per poter creare . Ha l’apparato neuronale l’apparato vocalizzante, muscoli, ossa,tessuti, vene ecc.; questi apparati in gran parte agiscono autonomamente; hanno l’imput iniziale genetico e poi proseguono l’evoluzione e lo sviluppo; altri invece hanno bisogno di un accompagnamento creativo (accompanying creative) e questo è il caso dell’apprendimento linguistico, dell’apprendimento intellettivo, della creazione della personalità, del benessere, della socializzazione  che sin dalla fase uterina è creato, mallevato dalla madre e che dura ancora con supporti esterni anche nei primi anni di vita fino a quando subentra la creatività personale o impronta personale che si esprime con il produrre nuove frasi, nuovi significati, nuovi pensieri, nuove relazioni, nuovi utensili.
 Il punto di vista evolutivo impone di allargare lo sguardo alla comunicazione animale. Lo scambio tra i primi organismi viventi per trasmettere informazioni sulla specie, sul sesso o sulle intenzioni avveniva  con i segnali chimici, ma la necessità di arricchire la comunicazione con gli altri individui della stessa specie sviluppò, nelle forme più variegate “il linguaggio”. Il significato più ampio e semplice di linguaggio è considerlo “un mezzo per lo scambio di informazioni” e  racchiude le espressioni facciali, i gesti, le posizioni del corpo, i fischi, le espressioni sonore, i segni con le mani, la scrittura, il linguaggio matematico, il linguaggio di programmazione (o linguaggio informatico) e così via. Ma più la ricerca e la sperimentazione sulla comunicazione degli esseri animati si amplia e più si arricchisce di distinzioni e più si arricchisce il concetto di linguaggio. L’essere umano, punto di riferimento fondamentale per lo studio del linguaggio, coglie solo dieci ottave alla distanza e al volume di una conversazione normale, ovvero tra i 30 e i 18.000 hertz (al secondo). Gli esseri animati che dialogano entro questo spettro ( quali uccelli, le rane, i rospi e i cani) vengono percepiti dall’uomo mentre sfuggono le emissioni al di sotto dei 30 hertz,(gli infrasuoni tra cui i suoni emessi dalle balenottere comuni, dalle balenottere azzurre, dagli elefanti, dai coccodrilli, dalle onde dell'oceano, dai vulcani, dai terremoti e dalle perturbazioni intense) o al di sopra dei 18.000 hertz ( gli ultrasuoni, frequenze solitamente usate dagli insetti, dai pipistrelli, dai delfini e dai toporagni).
Ovviamente il linguaggio va oltre la comunicazione acustica, anche se  costituisce l'elemento principale  di interscambio tra gli esseri animati.
Gli studi più recenti hanno affinato le conoscenze nel campo della comunicazione animale ed hanno prodotto radicali cambiamenti sulle interpretazioni o le ipotesi finora formulate su problemi biologici generali oppure su processi socializzanti.
 “La bioacustica studiando i  pesci, soprattutto durante la fecondazione delle uova, ha rilevato che  in molti casi emettono un «suono complesso» tipico, di cui la prima parte è composta da una successione di cadenze ritmiche parzialmente sovrapposte e la seconda parte da cadenze ritmiche ripetute rapidamente che si sovrappongono, producendo una forma d'onda costante simile a una “nota”.
La comunicazione acustica nella sua forma più primitiva, per esempio, è illustrata dal pesce guardiamarina della costa occidentale degli Stati Uniti. Il pesce guardiamarina maschio «ronza» per attirare le femmine nel suo riparo per la fecondazione delle uova. Il suono che produce‑ un ronzio basso e sonoro è prodotto da due muscoli fissati alla vescica natatoria che si contraggono e vibrano contro la parete dello stomaco, e possono continuare a muoversi anche per un'ora di seguito. Non appena la femmina arriva, il ronzio si arresta.
Anche diversi ordini di insetti posseggono organi per la produzione di suoni, chiaramente usati per comunicare. Molti di essi utilizzano gli ultrasuoni, la cui stessa esistenza risultava sconosciuta alla scienza fino alla seconda metà del XX secolo. Durante il corteggiamento il maschio e la femmina delle falene, per esempio, comunicano con i feromoni (secrezioni emesse da ghiandole specifiche), ma completano il rituale anche producendo ultrasuoni. Questa recente scoperta ha indotto a rivedere il comportamento delle falene durante il corteggiamento, ponendo l'accento sull'interazione tra i diversi modi di espressione comunicativa.” 
  Il vasto campo della comunicazione tra gli esseri animati sarebbe fortemente dispersivo per gli approfondimenti della ricerca per cui il panorama è stato ristretto a quelle specie particolarmente interessanti che di volta in volta conviene studiare o approfondire ed in particolare si sono studiati gli scambi comunicativi tra formiche, api, uccelli, cavalli, elefanti, cetacei o scimmie antropomorfe.
Risultano eccezionali i risultati delle ricerche sulle scimmie antropomorfe che hanno, al pari degli  studi su altri animali, sconvolto completamente il panorama delle interpretazioni e delle conoscenze. Sugli Oranghi  si è sperimentato l’apprendimento del linguaggio mimico dei sordomuti nel loro ambiente naturale nel Borneo ed i risultati hanno evidenziato notevoli doti di comprensione e produzione linguistica. Gli altri esperimenti sui Gorilla, Scimpanzé ed i Bonobo hanno dimostrato che l'abilità linguistica di tutte le scimmie antropomorfe è probabilmente identica, indipendentemente dalla specie, mentre le vaste differenze riscontrate sembrano derivare dal talento individuale. Sorprendenti sono stati i risultati del più lungo studio sul linguaggio delle scimmie condotti per insegnare 1'Ameslan, una forma adattata del linguaggio mimico per sordomuti americani, a Koko, una gorilla  del Ruanda che si rivelò la «prima gorilla a dimostrarsi competente» nella conversazione con i segni. “Koko usa oggi un vocabolario attivo di più 500 segni dell'Ameslan, e possiede un vocabolario passivo di altri 500. Complessivamente il suo vocabolario è simile a quello dei bambini che cominciano a muovere i primi passi. Tale capacità linguistica prova anche che nelle scimmie antropomorfe è presente una facoltà cerebrale per il linguaggio, ovvero che i gorilla selvatici sono “predisposti” a una qualche forma di linguaggio, e che questo permette loro di utilizzare 1'Ameslan in laboratorio.”
Le osservazioni su Koko ed il compagno  Michael, un gorilla maschio, hanno dimostrato l’uso del linguaggio per orientarsi nel passato, di utilizzare una forma primitiva di sintassi ,di usare il linguaggio per distorcere la percezione della realtà dell'ascoltatore rivoluzionando le nostre conoscenze e la nostra comprensione della comunicazione e del linguaggio animale.
Le ricerche in generale su questo settore sono state caratterizzazione dal desiderio di dare una risposta  al quesito centrale se “la comunicazione tra uomo e scimmia è sufficiente a dimostrare che le scimmie antropomorfe sono capaci di usare il linguaggio in modo analogo agli uomini”; dando origine a scoramenti ed entusiasmi con attenuazione o ripresa delle ricerche. Ma una risposta ampiamente esauriente l’hanno data le osservazioni e gli esperimenti sulla scimpanzé pigmeo o bonobo Kanzi.
“In un  test durante il quale Kanzi e alcuni bambini piccoli hanno dovuto reagire a 660 richieste, tipo «metti la mano sulla testa», Kanzi ha avuto un punteggio più alto di quello dei bambini di due anni. Sembra che il bonobo reagisca al linguaggio e lo produca lui stesso spontaneamente con l'abilità di un bambino di due anni e mezzo. La Savage‑Rumbaugh ha dimostrato, con grande soddisfazione della maggio­rana degli esperti, che le scimmie riescono a capire e a usare spontaneamente il linguaggio proprio come i bambini: ascoltando e mettendo in relazione alle parole pronunciate gli oggetti, i simboli e le azioni che rappresentano. Se l'abilità linguistica di un bambino di due anni viene definita “linguaggio”, allora il bonobo Kanzi ci «parla».”
 “La comunicazione tra scimmie antropomorfe selvatiche è ben diversa dalla comunicazione tra scimmie e uomo in laboratorio: la prima comporta una ricca combinazione di linguaggio gestuale e vocalizzazioni, mentre la seconda si verifica in un ambiente umano artificiale che induce le scimmie a rispondere a simboli o parole umani"'. Tuttavia, numerosi test effettuati sotto controllo hanno dimostrato, forse al di là di ogni dubbio critico, che, anche se il mezzo di comunicazione è innaturale e frutto di addestramento, il risultato di questi esperimenti uomini‑animali è una comunicazione spontanea e creativa, ovvero lo scambio vocale o mimato di informazioni significative. Usando delle vie neurali preesistenti, gli animali parlano all'uomo, e con l'uomo, in modo dotato di significato.
Tuttavia, la comunicazione tra uomini e animali ha fornito ben poche informazioni sul contenuto della comunicazione tra i vari esemplari nel loro ambiente naturale. è possibile che i primati trasmettano messaggi complessi; tuttavia, non si sa quale sia il contenuto di questo scambio di informazioni. Gli uomini possono insegnare ai pappagalli cenerini e ai bonobo a comunicare nella forma umana, ma questi animali non insegnano agli uomini a comunicare in modo non umano.”
 “Il linguaggio che gli animali imparano dall'uomo e usano attivamente si rivela per loro fondamentale e duraturo.”
Queste numerosissime ricerche sul linguaggio animale “ci permettono di trarre delle conclusioni :
- il linguaggio può essere inteso come il mezzo attraverso cui si comunicano pensieri complessi grazie a simboli arbitrari in una sintassi significativa.
- Anche se gli uomini hanno ipotizzato che tale definizione venisse soddisfatta solo dall'Homo sapiens sapiens, le rivelazioni fornite dai più recenti esperimenti su uomini e animali, costringe almeno a una revisione di questo principio dato a lungo per scontato.
- Forse è meglio considerare gli animali come dei «controllori‑valutatori» che tentano, attraverso metodi di comunicazione combinati, di indurre le altre creature a obbedire in modi che risultano propizi all'individuo, al gruppo e alla specie.
- Il rapporto tra controllo e valutazione può quindi spiegare l'evoluzione della comunicazione animale in generale: ciò che risulta importante per la sopravvivenza e la crescita in natura è quello che il comportamento comunicativo compie, non ciò che esprime.
- In tale processo evolutivo sempre più elaborato di controllo e valutazione, il linguaggio sotto forma di comunicazione vocale non solo come base di ogni interazione sociale ma anche come veicolo di una forma sofisticata di pensiero si è sviluppato naturalmente in un'unica famiglia. Quella degli ominidi.”
L'’insieme delle ricerche ed in particolare la metodologia sperimentale illuminano sul modo come avviene l’'apprendimento linguistico oltre che negli animali anche nell’'essere umano :
  • Innanzitutto vi è l’'apparato vocalizzante, che l’evoluzione ha predisposto per l’'homo sapiens sapiens
  • Vi è, altrettanto fondamentale, l'’apparato neuronale  e l’'area cerebrale del linguaggio  che permette la elaborazione e memorizzazione delle parole, dei significati, i collegamenti tra nomi, azioni articoli avverbi pronomi aggettivi (grammatica e sintassi) ecc. e la creazione dei pensieri; (con lo stesso procedimento che attiviamo quando creiamo gli utensili, li usiamo, li adattiamo a nuove esigenze, ne creiamo di nuovi per nuovi problemi ecc.);
  • Vi è la lunga fase dell'’apprendimento che può essere distinto in due momenti che avvengono o contemporaneamente o in sequenza
    • primo momento(modellamento di lingua e labbra per modulare i suoni la emissione della voce e sua modulazione uso dei muscoli facciali ecc.
    • secondo momento apprendimento dei significati delle singole parole (parole nomi, parole, azioni, parole aggettivi, parole avverbi, parole …..)
  • vi è la fase della creazione o combinazione personale e creativa delle parole, dei pensieri, di nuove parole, di nuovi pensieri.
 Mentre sui primi due punti sovraesposti interviene prevalentemente l'’evoluzione che ha affinato l’'apparato vocalizzante e predisposto l’'apparato neuronale , nei secondi due punti interviene con molteplici modalità (skinneriane e behavioristiche) l'’impronta fondamentale della figura materna che in vario modo accompagna (accompagnamento creativo (accompanying creative)) e determina, in concorso con le capacità del soggetto, l'’apprendimento linguistico.
Gli straordinari studi neurofisiologici e le osservazioni ecografiche degli ultimi anni hanno permesso di certificare la fase uditiva del feto; modificando l’'atteggiamento dominante nell’'ambiente scientifico che riteneva il feto una “massa psichicamente indifferenziata” e che solo dopo la nascita, il neonato iniziava l’'apprendimento e l’uso dei propri organi di senso.
L'’ottica  speculativa si è ampliata ed arricchita dato che fin dai primi mesi di vita intrauterina il nascituro, man mano che i vari apparati si strutturano, è in grado di percepire e di registrare tutto quello che avviene nella madre e nell'’ambiente circostante. In particolare per quanto si riferisce all’aspetto uditivo “L’utero è un luogo sonoro, nel quale il feto matura la propria capacità di udire, di interagire e di rispondere.
Il feto sente prima per via tattile, attraverso i pori della pelle, poi dal 6° mese di gestazione anche per via uditiva. Infatti, l’apparato uditivo completa la sua maturazione tra il 2° ed il 5° mese di gravidanza, perciò dopo il 6° mese il feto ha la capacità di ascoltare per tutto il tempo.
Il feto percepisce sia i suoni interni del corpo materno, che i suoni esterni dell’ambiente circostante.
            Tra i suoni interni emerge il battito cardiaco materno, che viene percepito dal feto a 72 decibel. In termini di paragone ricordiamo che 10 dB corrispondono al fruscio delle foglie, 30 dB alla conversazione normale, 70 dB al traffico cittadino, 110 dB alla motocicletta in corsa. Quindi il battito cardiaco materno risulta così forte da mascherare gli altri rumori, sia quelli materni (gastrointestinali e respiratori) che quelli esterni……
La voce materna si colloca a metà tra i suoni interni e quelli esterni, dato che viene percepita sia come suono esogeno che endogeno, attraverso la trasmissione ossea e gli organi interni. La voce materna giunge al feto più deformata rispetto alle altre voci, in quanto scompaiono le componenti armoniche più acute.
Il feto non riconosce le singole parole, ma percepisce i tratti prosodici, rappresentati da altezza, intensità, timbro, durata dei suoni emessi. Sono questi, infatti, i fattori che danno significato ad una frase parlata. In pratica quando si parla il veicolo di trasmissione del significato è dato dalla musica del linguaggio, per cui il feto anche se non discrimina le parole, ne può percepire il suo significato più profondo. Attraverso la voce si può stabilire una comunicazione tra madre e feto.”….. Tramite il suono, il feto inizia a conoscere il mondo e ne ha un ricordo tanto che, da neonato, preferisce i suoni che ha già sperimentato durante la vita intrauterina, come il battito cardiaco, le storie, le canzoni e le ninnananne cantate dalla madre in gravidanza. Il neonato ama molto la voce materna tanto che per ascoltarne la registrazione, altera il suo modello di suzione, la durata e le pause.” (Estratto da: C. Paganotti et al. IL SUONO E LA VITA PRENATALE. Brescia Musica, n.53, p.10, 1996.”)
Ormai sono talmente numerosi gli studi, le osservazioni, le sperimentazioni sulla fase prenatale  che hanno determinato anche dei sostanziali cambiamenti sulla normativa e sull’attenzione da dare a questa delicatissima fase della vita umana ed in particolare alla donna incinta .
 La fondamentale opera della donna – madre può essere da tutti osservata come in un film se ci si sofferma a guardare l’atteggiamento ed i comportamenti di qualsiasi donna incinta  sia che abbia avuto informazioni precise sia che abbia una minima informazione del fenomeno della maternità. Normalmente la donna –madre vive il suo stato di gravidanza con una gamma di sensazioni ed emozioni molto ampia oscillando dall’estasi più assoluta alle trepidazioni più intense. Ogni minimo cambiamento nel proprio corpo è attentamente interrogato dando il via a innumerevoli domande. La donna incinta fin dal momento del concepimento o dal momento della certezza di portare in sé una nuova vita inizia a dialogare intimamente ed intensamente non solo con i suoi pensieri ma attivando le corde vocali come se il feto fosse una entità fuori di sé e quindi possessore di tutte le facoltà di comprensione e risposta.
Fin dalla notte dei tempi ad oggi le donne in stato interessante hanno la consapevole  convinzione di interagire con il nascituro ed hanno sempre attivato quei comportamenti e quelle  condizioni che possono far pervenire al nascituro la propria voce, suoni, melodie, sensazioni di bellezza, di pace, di tranquillità, di felicità, di benessere ecc. .
Passeggiano , apparentemente solitarie, mentre si immergono in profonde ed appassionate chiacchierate con il proprio bambino che dall’interno del proprio corpo ascolta e risponde col tatto e con i movimenti e con varie espressioni che ora noi siamo riusciti a fotografare con le ecografie tridimensionali.
In ogni attività che le donne gravide svolgevano e svolgono possono avere attenzione al lavoro in casa ed al lavoro in ufficio ma soprattutto hanno un costante dialogo mentale, vocale e gestuale con il proprio bambino.
La immensa mole di input sonori che pervengono al feto dal quinto sesto mese viene immagazzinata continuamente, viene comparata, in parte e poi completamente  compresa, ma la caratteristica che risulterà fondamentale per i successivi apprendimenti è la mediazione materna .
La corrispondenza dei suoni con le emozioni e le reazioni della madre fanno acquisire in forma personale ed unica quelle intensità a quelle emozioni profonde dando la prima forma di messaggio empatico e di apprendimento e dando inizio all’accompagnamento creativo o alla vera e propria creazione del linguaggio da parte della donna madre.
La tappa fondamentale di ogni aspetto della nuova identità (attualmente in fase fetale) è nella fase uterina quando ogni percezione viene filtrata e fatta pervenire da quella meravigliosa amorevole divinità che è la donna madre.
Nel momento in cui il completo esserino si affaccia alla luce uscendo da quell’ambiente ovattato morbido caldo protettivo la donna madre esalta immensamente la sua caratteristica di mamma. Da questo momento ogni attimo,  ogni attenzione, ogni pensiero è dedicato esclusivamente al neonato. La donna madre non esiste più per se stessa ma esclusivamente per il suo bambino. Non esiste più il giorno o la notte né marito o amici né altro o altri solo il neonato. Tutti abbiamo questa esperienza della assoluta ed universale indispensabilità della mamma. Non esisteremmo.

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